Leishmaniosi: il nuovo vaccino serve davvero? (ed è davvero affidabile?)
di VALERIA ROSSI e MARIA CHIARA PRESSANTO – E’ un po’ di tempo che volevamo affrontare l’argomento del nuovo vaccino contro la Leishmaniosi, malattia tanto diffusa quanto, purtroppo, grave che ormai si è diffusa in tutto il nostro Paese (un tempo era endemica solo in alcune zone del Sud, in Toscana e sulla riviera ligure).
Purtroppo le informazioni in nostro possesso, finora, sono state talmente vaghe e superficiali che diventava veramente difficile parlare con cognizione di causa. Dopo annunci con grandi squilli di tromba, e dopo la conferenza di presentazione svoltasi a Milano, ci era stato inviato il materiale destinato alla stampa, che potete scaricare cliccando qui: purtroppo questo materiale è così scarno e privo di approfondimenti che avevamo chiesto all’ufficio stampa come si potessero avere maggiori informazioni.
Ci venne risposto che sarebbe stato possibile fare un’intervista ad uno dei ricercatori… dopodiché tutti sparirono nel nulla e non se ne fece mai niente.
Da allora molte voci contrastanti, molti dubbi, poche certezze, qualche allarmismo (su Facebook era comparsa la foto di un Podengo spagnolo con una reazione cutanea veramente impressionante): poi di nuovo molto silenzio.
Ora, fortunatamente, è arrivata una voce informata e decisamente attendibile: quella della dottoressa Laura Hellen Kramer, docente di parassitologia alla facoltà di Medicina Veterinaria frequentata da Maria Chiara Pressanto. Gran parte di ciò che leggerete sotto, a proposito del vaccino, è tratto da un breefing per la clinica medica tenuto in università dalla dott. Kramer.
Le conclusioni che abbiamo potuto trarre fin qui, anche dopo questo breefing, lasciano ancora molto spazio ai dubbi e alle incertezze. Noi vi diremo tutto quello che sappiamo allo stato attuale, premettendo che non intendiamo influenzare nessuno e che ognuno dovrà fare le proprie scelte consultandosi con il proprio veterinario.
Che cos’è la leishmaniosi
Un articolo molto approfondito sul tema (del dottor Raffaele Petragli, che è anche il creatore del sito www.leishmania.it, il più completo sito italiano sull’argomento) lo trovate cliccando qui.
Qui vi forniamo comunque qualche informazione di base:
Leishmania infantum è un protozoo parassita dei canidi (volpi e cani) e anche dei gatti.
Nel cane la forma matura, che prende il nome di Amastigote, è costituita da parassiti intracellulari obbligati (non posso vivere al di fuori della cellula). Il loro ospite è il macrofago (cellula della difesa localizzata in tutti i tessuto del corpo, soprattutto derma della cute, milza, fegato, intestino, tutti i visceri, midollo osseo, linfonodi e per un 2% nel sangue): quindi il parassita non è liberamente circolante nel sangue, ma localizzato nei tessuti del cane infetto.
E’ un parassita a ciclo biologico indiretto, necessita cioè di un ospite intermedio che nel nostro caso prende il nome di vettore, per potersi sviluppare fino alla sua forma infettante. Il vettore in questo caso è il flebotomo ematofago (che NON è una zanzara: somiglia di più ad un moscerino) detto anche pappatacio, il quale inocula il suo apparato pungitore nel derma, dove sono localizzati i capillari superficiali. Mentre fa il suo pasto di sangue risucchia anche i macrofagi con dentro gli amastigoti.
Nell’intestino del flebotomo l’Amastigote si trasforma e si allunga, facendosi spuntare la coda diventandopromastigote: dopodiché comincia a replicarsi per scissione binaria (si divide in due) e matura diventandoPromastigote metaciclico (prende questo nome in quanto ha sviluppato delle molecole che espone al suo esterno e che lo proteggono dall’immunità innata). Una volta maturato esso migra, grazie alla sua codina, dall’intestino fino alle ghiandole salivari del pappatacio e qui si ferma aspettando di essere inoculato al nuovo pasto di sangue (tutto questo processo richiede 2-3 settimane).
Quando il flebotomo punge un nuovo cane inocula nel derma superficiale della cute il promastigote metaciclico, il quale – grazie alle sue molecole di membrana – è protetto dai meccanismi innati dell’immunità (che altrimenti lo eliminerebbero). Le stesse molecole di membrana gli
permettono di essere riconosciuto solamente dal macrofago che lo fagocita (lo mangia) specificamente.
Immaginatevi la scena. C’è il promastigote tutto mascherato, fino a quando arriva un macrofago che gli dice: ‘’Ma tu sei un promastigote di Leishmania infantum?”
E l’altro: ‘’Si, certo!’’
E il macrofago “Allora mo’ te magno…GNAM!’’
E così il macrofago si infetta.
All’interno del macrofago, il promastigote perde la sua codina e comincia a replicare, causando lisi del macrofago e infettandone sempre di nuovi (sempre grazie a un meccanismo recettoriale specifico), viaggiando per le vie linfatiche e infettando man a mano tutti gli organi/tessuti fino a portarsi al midollo osseo dove i monociti (precursori dei macrofagi) vengono prodotti.
Oltre alla via di trasmissione classica ci sono altre presunte vie di trasmissione:
1- tramite zecche che prendono il posto del flebotomo (questa ipotesi non è stata ancora dimostrata al 100%);
2 – tramite trasfusione di sangue;
3 – trasplacentare: la cagna malata di leishmaniosi trasmette il parassita ai cuccioli, quindi va tolta dalla riproduzione.
Il flebotomo (pappatacio)
Come abbiamo già detto, non è una zanzara e il suo comportamento biologico è completamente diverso. E’ un insetto molto piccolo (2-3 mm), dal volo silenzioso, di color giallo ocra pallido, ed è attivo nelle ore notturne, dalle 20,00 alle 6,00 circa.
Depone le uova nel terreno umidiccio (non nelle pozze di acqua), nei muri delle case vecchie abbandonate, dove c’è materiale organico in decomposizione (foglie, lombrichi, altri insetti) e una volta adulto si allontana dal luogo in cui è nato di soli 6-10 km.
Lo svilupparsi di focolai dipende quindi dall’habitat favorevole al flebotomo e alla presenza in loco di cani infetti, del cui sangue il flebotomo possa nutrirsi. Necessitano inoltre di temperture elevate e non sono domestici né peridomestici (entrano difficilmente in casa).
Il cane infettato
Può reagire (sviluppo di immunità) in due modi differenti, e l’istaurarsi di una delle due situazioni determinerà o meno, l’insorgenza della malattia.
1- cani resistenti – in seguito all’infezione non si ammalano (non avranno mai sintomi clinici…anche se il “mai” è relativo, infatti anche questi cani in seguito a situazioni immunodepressive dettate dai più svariati fattori possono ammalarsi);
Non si ammalano perché nel loro caso si istaura un processo immunitario che è in grado di riconoscere e eliminare il parassita.
Come funziona questo processo?
Quando il flebotomo arriva e inocula i promastigoti nel derma, lì sono localizzati sia i macrofagi che le cellule dendritiche. Queste due tipologie cellulari sono una sorta di ‘’maggiordomi’’ che fanno la guardia all’ingresso della cute. Nel caso entri qualcosa che loro non riconoscono come propria dell’organismo lo prendono, lo disassemblano e lo mostrano sulla loro superficie insieme a una loro molecola specifica: in questo modo lo presentano al sistema immunitario vero e proprio.
Per farla comica : ‘’My Lord sistema immunitario, questa è Leishmania!”
Questa “presentazione” è associata alla produzione di una sostanza chimica specifica (prodotta sempre da macrofagi e cellule dendritiche) che è diversa a seconda del caso di resistenza o recettività.
I cani resistenti producono INTERLEUCHINA 12 (IL-12), che insieme alle molecole antigeniche presentate dai ‘’maggiordomi’’ agisce su un Linfocita T vergine (non specializzato) dicendogli di diventare un Linfocita T Helper 1, specifico per leishmania.
A sua volta il T Helper 1 produce un’altra sostanza chimica: l’INTERFERONE GAMMA, che è un po’ la… Red Bull della risposta cellulo-madiata (niente anticorpi!), mediata in questo caso dai macrofagi che si iperattivano e – tramite la produzione massiva di radicali liberi dell’ossigeno e fagocitosi – eliminano i promastigoti. Inoltre i T helper 1 rimangono come memoria utile a un eventuale e successivo incontro.
2- cani recettivi – al posto dell’interleuchina 12 essi producono INTERLUCHINA 4 (IL-4) la quale dirige una risposta immunitaria anticorpale.
Il linfocita T Helper vergine viene attivato a T Helper 2 specifico per leishamniosi, il quale non produce più la Red-Bull che permette di ai macrofagi di iperattivarsi, ma il fattore stimolante Linfociti B.
In questo caso i linfociti secernono anticorpi, che però non sono efficaci verso gli amastigoti all’interno dei macrofagi.
Anzi, continuando a persistere, questi stimolano continuamente la risposta e portano infine all’ iperproduzione di anticorpi sia specifici che aspecifici.
Questi finiscono per depositarsi, per eccesso, a livello dei capillari renali compromettendo la funzionalità del rene stesso.
In più si ha una situazione infiammatoria cronica, perché il patogeno non riesce a essere eliminato e quindi persiste.
L’instaurarsi di questo tipo di risposta immunitaria porta inevitabilmente allo sviluppo di sintomi clinici i quali sono, in ordine decrescente di prevalenza:
Splenomegalia (ingrandimento patologico della milza)
Dermatite desquamativa (soprattutto su muso, zampe e arti)
Ulcere nella zona peri-oculare (“cane con occhiali”),
Onicogrifosi (crescita abnorme delle unghie)
Anemia
Uveite (infiammazione della tunica media dell’occhio)
Epistassi (sangue dal naso)
Poliartrite e sinovite Insufficienza renale
PROFILASSI
I metodi fino ad oggi usati per prevenire la leishamaniosi sono stati i seguenti:
1 – Far dormire il cane in casa
2 – Uso di zanzariere e di repellenti
3 – Evitare di portare il cane in zone endemiche (purtroppo ormai quasi inutile, data la diffusione quasi globale della malattia)
4 – Uso di antiparassitari specifici (in particolare Scalibor e Advantix, gli unici due testati sul campo per i flebotomi)
A questo punto è arrivato il (presunto) VACCINO… che ha aperto grandi speranze nel cuore dei cinofili. Ma… purtroppo ci sono molti “ma”.
Prima di cosiderare tutti pro e i contro, bisogna però fare un piccolo excursus sui…
Metodi diagnostici
Nel caso della Leishmania la diagnosi può essere fatta tramite:
1 – agoaspirato linfonodolale, o a livello di midollo o a livello cutaneo viene analizzato istologicamente.
2 – agoaspirato, da cui si ricava materiale cellulare che viene utilizzato per cercare materiale molecolare del parassita (dna) tramite la tecnica della PCR. Il risultato mi dice che c’è il DNA e questo può significare due cose: a) il parassita è entrato ed è stato distrutto e ne è rimasto qualche frammento genico non ancora degradato; b)il parassita è entrato, è vivo e sta replicando.
3 – tecnica IFAT (immunofluorescenza con anticorpi): permette di dire se c’è e quanta ce n’è (analisi sia qualitativa che quantitativa): è una diagnosi sierologica per la quale serve il siero (ricavato dal prelievo di sangue) del cane.
La diagnosi in questo caso è valida anche per cani asintomatici. Il meccanismo è il seguente:
prendo un vetrino su cui ho messo dei promastigoti morti e ci metto sopra il siero del mio cane, all’interno del quale, se ci sono anticorpi (dovuti al fatto che il mio cane è infetto e risponde con risposta anticorpale, quindi sarà recettivo), questi andranno a legarsi ai promastigoti presenti. A questo punto aggiungo anticorpi flurescenti (presi in laboratorio) che si vanno a legare specificatamente agli anticorpi che il cane ha prodotto per leishmania ( i quali sono a loro volta legati ai promastigoti).
Valutando il tutto sotto il microscopio a fluorescenza, il risultato dell’analisi mi fornirà un titolo anticorpale il cui range dice che:
– se è inferiore a 1:40 il mio cane è negativo (non è infetto)
– se è compreso fra 1:40 e 1:160 il cane è dubbio ed è bene ripetere le analisi dopo 6 mesi
– se è maggiore di 1:160 il mio cane è sicuramente positivo ( se l’animale risulta positivo fino a valori di 1:1280 significa che l’infezione è massiva e imponente)
IL VACCINO
Eccoci finalmente arrivati al dunque (ma vedrete ben presto che, senza questa lunga premessa, alcune parti sarebbero risultate meno comprensibili).
Arrivato sul mercato il 10 aprile di quest’anno e presentato appunto come “vaccino”, in realtà… non lo è, tecnicamente parlando.
Il suo obiettivo non è infatti finalizzato alla produzione di anticorpi (anche perché, come abbiamo visto, questa nel caso della leishmania non funziona), ma è quello di stimolare l’innesco di una risposta cellulo-mediata.
Da che cosa è costituito?
Il vaccino CANILeish è costituito da un liofilizzato di proteine escrete e secrete che sono state purificate + coadiuvante QS21 + PSA (antigene di superfice del promastigote).
Analizziamo meglio ogni componente:
1- proteine: sono state ottenute prendendo dei promastigoti e mettendoli in un brodo di coltura: essendo esseri viventi, essi hanno utilizzato le sostanze nutritive contenute nel brodo per sopravvivere e replicarsi, rilasciando di conseguenza metaboliti (ovvero: hanno fatto la cacca) e secrete altre sostanze (ovvero: hanno sputacchiato).
Queste sostanze, una volta tolti i promastigoti, sono state prese, purificate e liofilizzate, diventando parte del nostro antigene vaccinale.
E qui sorge il primo dubbio, perché le proteine all’interno del mio cane non si comportano come il promastigote (il quale dice al macrofago: ‘’ehi tu, guarda sono qui, mangiami!”); quindi il meccanismo di presentazione (il macrofago che fa il maggiordomo per il sistema immunitario attivandolo) è poco chiaro.
2- PSA: questo non rende più funzionale il test IFAT, perché il cane risulterebbe sempre positivo.
Però (stranamente!) la Virbac, azienda farmaceutica produttrice del vaccino, ha brevettato anche un kit test (SPEED LEISHK) che riesce a distinguere se un cane è positivo per la sierologia, in quanto vaccinato, oppure se è positivo per infezione in corso;
3 – coadiuvante QS21: il coadiuvante all’interno dei vaccini è essenziale in quanto svolge di un ruolo di trasportatore della nostra proteina antigenica, aumentandone il potere immunogeno (la capacità di sviluppare un immunità adeguata). Praticamente tiene la proteina nel sito di inoculo per un lungo periodo rilasciandola piano piano e causando una voluta infiammazione con richiamo nel sito delle cellule immunitarie. Per quanto riguarda questo adiuvante, chiamato anche saponina (derivato vegetale dell’albero Quinoa Saponina), fa in modo che i maggiordomi (cellule dendritiche) insieme alla presentazione producano l’IL-12 (mediatore dell’infiammazione) indirizzando una risposta cellulo-mediata specifica con attivazione macrofagica e instaurazione di una memoria immunologica.
Peccato che gli effetti collaterali locali e sistemici (vedi sotto) siano dovuti proprio all’adiuvante, che non ha mai superato i test di tolleranza per essere usato in campo umano, mentre in campo veterinario l’unico vaccino che lo usa è quello per la leucemia felina (dove bisogna stare attenti all’insorgenza di fibrosarcomi).
– Non possono essere vaccinati i cuccioli inferiori ai 6 mesi di età, per l’insorgenza di reazioni avverse;
– Il cane deve essere sano: la Virbac non ha specificato cosa intenda per sano, pertanto si dovrebbe intendere un cane che non assume nessun farmaco e non presenta nessuna patologia. Non ci sono stati studi sulle interazioni tra vaccino e altri farmaci (antinfiammatori, antibiotici, antiparassitari ecc..)
– Il cane per procedere al protocollo deve essere sieronegativo per la leish, quindi bisogna fare il test sierologico;
– La prima inoculazione deve essere fatta ad almeno due settimane di distanza da altri vaccini, perché non sono state studiate le possibili interazioni con altri vaccini;
– la copertura vaccinale è attiva dopo 10 settimane dalla prima iniezione;
– la Virbac consiglia nei suoi volantini commerciali e ai rappresentanti di continuare a usare l’antiparassitario abituale: questa indicazione non è presente nel manuale di presentazione ufficiale del prodotto;
– Non possono essere vaccinate le femmine gravide o in allattamento, perché non sono stati fatti studi in merito.
STUDIO DEL VACCINO
La conclusione dell’azienda farmaceutica è la seguente: ‘’La probabilità che un cane si ammali (ovvero che manifesti sintomi, non che NON SI INFETTI) in un cane vaccinato è 4 volte inferiore rispetto a uno non trattato“.
Contestualizziamo la frase all’interno dei 2 esperimenti condotti:
1 – nel primo esperimento che è stato condotto in laboratorio sono stati utilizzati 20 cani beagle, di cui 10 sono stati vaccinati e 10 no. Dopodichè gli sono stati sparati in vena dei promastigoti vitali e verificati i risultati con la PCR.
E’ risultato che il 70-80% dei non vaccinati avevano alta carica parassitaria ed erano positivi a Pcr.
Il 30-50% dei vaccinati avevano bassa carica parassitaria ed erano positivi a Pcr.
Su questo esperimento non dicono altro.
2 – è seguita la vera e propria prova in campo (non è stato tenuto conto dell’eventuale influenza di fattori ambientali – l’esperimento non è avvenuto in condizioni sperimentali). Stavolta hanno preso 80 beagle, li hanno divisi in due gruppi e mandati in due canili in zone iperendemiche: 40 cani a barcellona ( 20 vaccinati (casi) + 20 no (controlli)) e a Napoli (20 vaccinati + 20 no) senza uso di repellente (il che cozza abbastanza col fatto che dicono di metterlo). I cani vaccinati sono stati sottoposti ai richiami. Dopo due anni è emerso che:
In pratica si sta lavorando su delle percentuali di ricerca a dir poco risibili…e come se non bastasse, il cane vaccinato può infettarsi ugualmente.- si è avuta INFEZIONE NON ATTIVA (il cane risulta avere il dna del parassita in Pcr – quindi il parassita è entrato e c’è una risposta che mi sta distruggendo – il parassita non cresce in coltura) nel 67% cani non vaccinati e nell’ 88% dei cani vaccinati.
Quindi il vaccino NON protegge in modo statisticamente significativo: c’è poca differenza tra casi e controlli.
Oltre a questo ci sono da considerare le reazioni avverse qui elencate in ordine decrescente, con le percentuali di comparsa:
REAZIONI SISTEMICHE
– Ipertermia: dal 3% alla prima puntura fino al 10% nella terza con durata da qualche ora a qualche giorno à quindi aumenta
– Apatia: dal 12% prima puntura fino al 14% con durata fino a una settimana
– Inappetenza: dall’8% fino al 11%
– Diarrea e Vomito: dal 13% al 3%
REAZIONI LOCALI (nel punto di inoculo)
– gonfiore inferiore a 5 cm di diametro: dal 16% al 22% e regredisce in due giorni
– gonfiore superiore a 5 cm di diametro: dall’ 1% al 3%
– dolore al punto di inoculo: dal 17% al 25% (perdura fino a 2 settimane)
ALTRE REAZIONI SEGNALATE DA VETERINARI: convulsioni, tremori, bava alla bocca, occhi indietro.
1 – I risultati condotti non dimostrano una reale efficienza del farmaco
2 – Nonostante vaccinazione una percentuale è comunque infetta e di questi molti presentano segni clinici
3 – I benefici pesati sull’efficacia e le reazioni avverse non sono per nulla significativi nelle aree non endemiche
Riportiamo infine il pensiero di due esperti:
Prof.L.Madeira De Carvalho (Facoltà di Medicina Veterinaria di Lisbona/Portogallo): ‘’Non potendo garantire ne efficacia, ne sicurezza, lo sconsiglio’’
Dott. Saverio Paltrenieri (membro del work in progress sulla leishmania gruppo SCIVAC – sono gli esperti che dettano le linee guida da seguire per terapia e prevenzione): “Il gruppo di studio SCIVAC ritiene necessaria la pubblicazione su riviste internazionali scientifiche peer-rewied (cioè sostenute da 3 esperti internazionali) di studi prima di poter valutare il vaccino’’.
CONCLUDENDO:
Una cosa è assolutamente certa: saranno i nostri cani vaccinati a testare in campo questo vaccino.
Il gioco può valere la candela in caso di permanenza per lungo periodo in una zona iperendemica, se il cane dorme fuori e quindi è molto esposto al contatto con il flebotomo.
Ricordiamo comunque che il cane vaccinato si può ammalare ugualmente: in quel caso il richiamo annuale del vaccino non dà nessun tipo di miglioramento.
Articolo di Valeria Rossi > www.tipresentoilcane.com